Che Bersani non m'appassioni - anche se lo considero il
candidato premier migliore - non lo scopro oggi. Ma un inizio così scialbo, deludente e moscio non me
l’aspettavo. Questione di sostanza e di forma. Asettico e senza slancio, perfetto per prepararci alla
Quaresima, come evoca Massimo Gramellini (del quale condivido spesso le valutazioni, magari non originali ma di buon
senso oltre che scritte da dio).
Basta un’analisi sommaria del linguaggio utilizzato l'altro giorno all’apertura ufficiale della campagna elettorale per far cadere le braccia.
Solo parole funeste, che evocano malattia,
guerra, morte.
Solo negazioni. La strategia del no, non nuova al Pd, gode
di ottima salute. Smorzando residui entusiasmi e facendoci adagiare attoniti in quest’inverno politico freddo e grigio, come la
grafica della campagna “Italia Giusta”. Oggetto peraltro, come ormai
tradizione, di scherno e parodie d’ogni tipo.
"Partiti
personali cancro della democrazia": ecco il titolo brioso dell’articolo
di Repubblica on line. Il segretario del Pd riesce poi a sommare tre negazioni in una
frase, concludendola con due altri concetti legati al lato più oscuro (e
odioso) della politica. Nessuna speranza, nessun sogno, nessuna prospettiva.
"Questa
campagna elettorale si sta mettendo fuori dai binari, non sono soddisfatto, in questi termini noi non ci stiamo: non
stiamo in una campagna fatta solo in termini di politicismo e cabaret".
Altri virgolettati dal manuale “Come perdere voti in
campagna elettorale”. Volete un premier criptico, stanco e allibito? Anche no.
“Sono abbastanza stanco
di dover essere tutti i giorni registrato su temi come 'io, Monti, la
desistenza, il Senato e compagnia cantante'. Sono abbastanza allibito del fatto
che ci sia il cabaret per avere un titolo, mentre siamo davanti a un paese che
ha bisogno di essere ricostruito. Noi parleremo dell'Italia e degli
italiani".
“Noi diciamo no
ad ogni qualunquismo che porta a posizioni fascistoidi per le quali non c'è
destra e sinistra”
“La nostra arma
atomica è l'appello al popolo delle primarie".
Sul Corriere non va certo meglio, sin dal titolo: «Usciamo
da 20 anni di deriva morale»,
proseguendo con le gettonatissime e, per me, insopportabili metafore militari.
«La battaglia la vinceremo non perché abbiamo
la vittoria in tasca, l'avversario c'è e ha rialzato la testa ma perché
susciteremo le nostre forze in tutto il Paese e le nostre forze questa volta
sono in grado di battere la destra».
E di nuovo la citazione della peggiore delle malattie.
“Sistemi organizzati su una persona che spesso si sceglie da
sola sono un tumore che rendono la democrazia ingessata, inefficace e impotente”.
Ora, è vero che i giornali cercano col lanternino titoli ad
effetto (è il loro mestiere). Proprio per questo occorre la massima attenzione alle espressioni e
ai toni. Un bravo comunicatore imposta la comunicazione già sapendo quali
saranno le 2-3 frasi ad effetto che i giornalisti coglieranno. Lì sta l’errore.
Se le frasi ad effetto sono in negativo, stai certo che i titolisti non
perderanno la ghiotta occasione di spararle a titoli cubitali.
Bersani è saggio
e preparato, ma non sa parlare né convincere. Chi lo consiglia dovrebbe almeno
avvertirlo degli errori macroscopici e trasmettergli l’abc della comunicazione
politica.